Ci sono tanti modi per morire: c’è la morte violenta, quella dolce, quella inaspettata, quella attesa, quella programmata, quella solitaria, quella dolorosa, quella voluta, quella desiderata, quella crudele, quella pietosa, quella dignitosa.
In quanti modi possiamo declinare una morte, troppi. Ma se posso, per un mio Paziente voglio quella dolce, pietosa e dignitosa. La voglio dolce, senza dolore: una fiammella che dolcemente si spegne, quella che alla fine dia un ultimo attimo di bagliore e poi si spegna per sempre. Pietosa, piena di pietas, perché accompagnata nei suoi momenti e nei suoi bisogni, affiancata e compagna, una presenza che accompagna e lenisce i momenti di disperazione, che regala ancora un sorriso, che fornisce il necessario perché sia dignitosa, senza dolore. Così concepisco il mio essere Medico, dalla diagnosi, che purtroppo ho fatto, all’exitus. Con disponibilità di tecnica, di umanità, di tempo… con empatia.
In questi giorni, ancora una volta, sto mettendo in pratica quello che da sempre credo e pratico, per fare e non solo predicare, perché fa bene al Paziente e quindi a me. Perchè ogni volta che qualcuno si sente meglio, grazie alle mie scelte, io divento sempre più Medico e Uomo. Lo scopo di una mia cura, di un mio intervento è comune: è prima per il Paziente, ma è anche per me. Non c’è soldo che valga un grazie sincero.
In questi tempi di egoismo e di povertà d’animo, desidero mettere la mia goccia perchè tutto questo finisca, perché torni la fiducia nei miei confronti in quanto Medico oltre che perché Uomo e Prossimo.